*Spoiler: avevo pensato ad un post unico per questo argomento ma scrivendolo è diventato chilometrico perciò ho deciso di dividerlo in 5 parti, una per ogni lezione.
Secondo un vecchio detto non conosci a sufficienza un argomento finché non sei in grado di insegnarlo; pur condividendo il concetto, come docente ho scoperto che sono diversi gli aspetti di cui è necessario tener conto oltre alla materia specifica.
Aspettative vs realtà
Caso 1. Una ragazza si presenta da me dicendo di voler approfondire la propria conoscenza dell’inglese per scopi personali e lavorativi. È una donna intelligente, che ha già una buona base di partenza, seppur con qualche lacuna dal punto di vista grammaticale ed espressivo; sembra motivata ma, per sua stessa ammissione, per andare avanti ha bisogno di qualcuno che la sproni continuamente.
Caso 2. Una mamma mi chiama perché vorrebbe che la figlia adolescente recuperasse l’insufficienza che ha in pagella; in accordo con lei, aveva lasciato che accantonasse lo studio dell’inglese ma ora sente che è arrivato il momento di riprenderlo.
Al di là delle differenze più evidenti, cosa separa realmente le due studentesse?
Le loro aspettative.
La prima infatti vorrebbe padroneggiare la lingua nel più breve tempo possibile, cogliendo le sfumature del parlato quotidiano e, contemporaneamente, utilizzando un gergo tecnico e specialistico quando necessario. Tutto ciò in due ore a settimana, ricavate dopo un’estenuante giornata di lavoro (mia e sua).
La seconda invece si pone come obiettivo quello di riuscire a chiarire alcune forme grammaticali che le risultano ostiche e acquisire il vocabolario di base. Potendo sempre dedicarvi due ore pomeridiane a settimana.
Il risultato? Ho insegnato alla prima ragazza per qualche mese, senza sentirla mai più; alla seconda per due anni, costruendo un bel legame e aiutandola a superare le difficoltà.
Non fraintendermi: credo che, alle giuste condizioni, entrambi gli scopi siano raggiungibilissimi. Purtroppo non è stato questo il caso.
La prima lezione che ho imparato, infatti, è che nonostante l’entusiasmo e la pianificazione spesso aspettative e realtà non coincidono, per i motivi più disparati.
A volte bisogna fare i conti con la stanchezza, fisica e mentale, altre con gli imprevisti (un’influenza, un impegno di lavoro sorto all’ultimo ecc.), altre ancora semplicemente con la mancanza di voglia e così via.
Ho faticato un po’ ad accettare questa visione poiché sono una persona che quando si mette in testa qualcosa fa di tutto per ottenerla, tuttavia mi ha aiutato a non prendermi l’intera colpa di un rapporto di lavoro troncato.
Ora infatti preferisco ragionare e far ragionare i miei studenti in termini di obiettivi e non di aspettative; queste ultime non potranno mai scomparire ma occupano un posto secondario nel processo di insegnamento-apprendimento.
Gli obiettivi invece sono facilmente comprensibili, misurabili e hanno una ricaduta evidente sia sull’autostima che sulla motivazione.
Sono convinta perciò che quando scegliamo o progettiamo un corso, che sia di lingua, di musica o di qualsiasi altro argomento, dobbiamo chiederci e chiedere qual è lo scopo principale per cui lo facciamo, quali sono gli obiettivi che intendiamo porci e come pensiamo di arrivarci.
Se hai difficoltà a capire tutte queste cose da solo, ti invito a leggere il prossimo post, dedicato alla seconda lezione che ho imparato insegnando.