La scorsa settimana abbiamo visto come si è evoluta nel tempo la figura del mediatore interculturale in Italia; oggi invece capiremo quali caratteristiche deve avere, come lavora e in che ambiti.
Requisiti
In primo luogo, un mediatore deve avere un’ottima conoscenza della lingua italiana e di quella veicolare, ossia la lingua utilizzata per interagire con l’utente. La maggior parte delle volte infatti viene usata la lingua madre della persona che si è rivolta ai servizi ma capita anche di dover ricorrere a una terza per agevolare la conversazione.
Sono necessarie poi una conoscenza approfondita della cultura personale dell’utente e della realtà socioeconomica del Paese di provenienza così come la consapevolezza del funzionamento delle istituzioni italiane, locali e nazionali, e europee.
Infine, il mediatore deve rafforzare una serie di competenze personali indispensabili per la buona riuscita di un intervento interculturale: empatia, riservatezza, predisposizione al lavoro sociale e simili.
Se in generale le caratteristiche elencate possono (e dovrebbero!) essere sviluppate da chiunque, la peculiarità del mediatore è quella di impiegare tali elementi per gestire situazioni conflittuali, promuovere la partecipazione attiva delle persone alla vita comunitaria e facilitare lo scambio di esperienze, sistemi di pensiero e modi di fare.
Insomma, il mediatore è un po’ il supereroe dell’intercultura.
Ambiti e modalità d’intervento
Ti è mai capitato di dover subire un intervento e passare la convalescenza nella stessa stanza di un paziente di origini straniere?
Se fai il conto, quanti alunni con genitori immigrati ci sono nella classe di tuo figlio?
Hai fatto caso ai nomi delle aziende presenti in città?
L’elenco delle domande potrebbe continuare quasi all’infinito perché la presenza di un mediatore è richiesta in numerosi settori.
In ambito sanitario, un paziente ha diritto a ricevere istruzioni e prescrizioni chiare nella propria lingua, se non è in grado di comprendere appieno l’italiano. E diciamocelo, chi capisce la scrittura dei medici?
Per i bambini non italofoni inseriti in un percorso scolastico, invece, è previsto l’affiancamento ad un facilitatore linguistico o a un mediatore perché possano sviluppare delle competenze linguistiche adeguate a proseguire la formazione e, contemporaneamente, abbiano la possibilità di manifestare e gestire condizioni di disagio o di spaesamento.
Nel ramo degli affari conoscere la business etiquette dell’azienda con cui si vuole stringere un accordo può fare la differenza tra un successo commerciale e una perdita milionaria.
E ancora, un mediatore può intervenire in contesti di emergenza e prima accoglienza, nelle aree amministrativa, sociale e culturale.[1]
Sfortuna vuole che ad un ampio ventaglio di applicazioni non corrisponda un altrettanto vasto consenso sulle modalità di impiego dei mediatori; o meglio, esista al ribasso.
Nell’80% dei casi questi professionisti hanno contratti di breve durata, frammentari e pessime condizioni d’incarico. Episodicamente, vincono un bando o un concorso e possono sperare in collaborazioni a più lunga scadenza.
E a me che mi importa?
Arriviamo finalmente a capire quello che ti avevo promesso all’inizio del primo post sui mediatori: quali sono i bisogni che soddisfano?
Avevo pensato di scrivere la risposta suddividendola in due categorie ma ho cambiato idea perché i mediatori proprio quello fanno: lavorano perché non ci sia un noi e un voi, bisogni miei e bisogni degli altri. Fanno da ponte e da rete, da sostegno e da punto di contatto.
Perciò ecco qui alcuni dei bisogni in ordine sparso:
comprendere cosa sta dicendo la persona che mi parla da mezz’ora in dialetto siciliano; sapere come iscrivere mia figlia a scuola o in palestra; trovare un film bellissimo ambientato nella prossima meta delle mie vacanze; guardare il mondo con gli occhi di un altro; far capire al giudice che se tornerò nel mio villaggio probabilmente mi ammazzeranno; constatare che le emozioni possono essere gestite in mille modi diversi e nessuno è migliore di un altro; provare ricette e sapori nuovi dei quali non potrò più fare a meno; sapere che mio figlio non sta migliorando l’italiano ma il suo essere umano, una persona completa e aperta alle novità e alle differenze…
Qualsiasi
sia il tuo bisogno, se vuoi l’aiuto di un mediatore interculturale scrivimi all’indirizzo
info@tramedi.it e sarò felice di capire
cosa posso fare per te.
Per avere un’idea di
quello che propongo, invece, puoi leggere la pagina dedicata alla Mediazione.
[1] Se te lo stai chiedendo, si distingue da traduttori e interpreti perché la componente relazionale è l’aspetto fondante del suo lavoro: spesso il mediatore ha alle spalle un vissuto migratorio che lo aiuta a comprendere maggiormente le difficoltà di un utente straniero. Quando è italiano, come nel mio caso, ha una formazione e un’attitudine a “mettersi nei panni dell’altro” che lo porta nella stessa direzione.